Con un calcio poderoso, l’Intelligenza Artificiale (IA) ha fatto il suo roboante ingresso nelle aule scolastiche di tutto il mondo. A guidare la rivoluzione è ChatGPT, capostipite del cambio di paradigma in parecchi settori, ormai considerato inevitabile. Le modalità di apprendimento hanno intrapreso un percorso che alcuni ritengono pericoloso, mentre altri pieno di nuove possibilità.
La realtà odierna è questa: computer in grado di rispondere alle domande poste, spiegando concetti più o meno complessi agli studenti. L’euforia dilaga, ma anche i timori, soprattutto tra docenti e istituzioni.
La moda di utilizzare ChatGPT per gli studi sembra non conoscere confini. Negli Stati Uniti, un sondaggio del Pew Research Center chiarisce a che livello è arrivato l’utilizzo dell’IA per studiare: nel 2024, il 26% degli adolescenti americani ha fatto affidamento a uno dei diversi bot intelligenti. L’anno prima, soltanto il 13% degli studenti faceva uso di ChatGPT o altro.
In Italia? Il balzo in avanti è stato poderoso: il 65% degli studenti tra i 16 e i 18 anni ne fa uso per studiare. Cosa ci dice questa tendenza? Che il cambiamento nelle abitudini di studio è più profondo e irreversibile di quanto si pensasse. Il digitale si è insomma fuso armoniosamente al tradizionale.
Eppure, non tutto ciò che luccica è oro. Gli studenti guardano a ChatGPT come al proprio consigliere personale, specialmente quando devono approfondire nuovi argomenti o schiarirsi le idee sui concetti più complessi.
Il dubbio però serpeggia quando ci si spinge in terreni più tecnici, come la matematica o la geopolitica. L’IA può fare acqua, a volte, in quanto a profondità e correttezza delle risposte.
Sempre secondo il Pew Research Center, nonostante il 54% degli adolescenti consideri ChatGPT e affini come mezzi accettabili per conoscere e imparare cose nuove, soltanto il 29% ritiene che possano essere un valido aiuto per i problemi di natura numerica.
Questo “matrimonio” tra ChatGPT e la scuola ha sollevato e continua a sollevare tante perplessità, non tutte campate in aria. Tra le più sentite c’è la questione del plagio digitale, il “grande mostro” delle accademie del XXI secolo.
Utilizzando l’AI in modo non regolamentato, l’integrità accademica potrebbe uscirne parecchio ridimensionata, minando alla radice lo sviluppo di pensieri autonomi e critici negli studenti. Tale situazione è un richiamo a serrare le fila e trovare urgentemente una soluzione che porti ad adattare i programmi scolastici in modo da educare a un uso consapevole e critico di tali strumenti.
Siamo insomma di fronte a un bivio: da un lato, il pericolo che questa dipendenza tecnologica inibisca capacità essenziali come l’analisi critica, dall’altro, l’opportunità di arricchire l’apprendimento se usata correttamente.
Riuscendoci, come suggerito da ANAPIA Nazionale, si aprirebbero delle possibilità mai viste prima, come l’apprendimento personalizzato, l’automazione dei compiti ripetitivi e l’analisi dei dati educativi. La didattica avanzerebbe a passi da gigante.
Le istituzioni educative stanno già correndo ai ripari. In che modo? Sviluppando software per distinguere i testi scritti da un essere umano da quelli generati dall’IA. Lo sforzo, seppur lodevole, non è privo di ostacoli.
Il rischio maggiore arriva dai cosiddetti “falsi positivi”, che potrebbero penalizzare gli studenti che studiano alla vecchia maniera. Tali strumenti, quindi, andranno migliorati se si vogliono identificare i testi “umani” con più accuratezza.
Da quando ha fatto il suo ingresso nell’istruzione, l’IA sta costringendo i docenti a rivalutare i metodi didattici e di valutazione. L’alleanza tra scuole e sviluppatori deve diventare più costruttiva e collaborativa. Soltanto così sarà possibile promuovere l’uso responsabile dell’IA, informando gli studenti sia sui benefici che sui rischi.
Il dialogo assicurerebbe che l’IA non sostituisca, ma rafforzi il pensiero critico e l’apprendimento umano. Come riportato da Reuters, nel nostro Paese, la sperimentazione di queste tecnologie nelle scuole intende potenziare le competenze digitali.
L’evoluzione più importante nella storia del sistema educativo è adesso? Lo sapremo soltanto nei prossimi anni.