Un milione in ingresso e più di 330 000 in uscita: questo il flusso di studenti internazionali monitorato negli Stati Uniti nel solo anno accademico 2016/2017 nel rapporto Open Doors di fine 2018 dell’IIE – Institute of International Education. Quello degli study abroad è un sistema virtuoso che avrebbe impatti considerevoli sia sul piano individuale, sia per le comunità. Ecco perché.
Un bagaglio culturale e umano enorme, ma non solo. Una valutazione organica dei benefici dello studio all’estero è molto complessa. Tuttavia, tra le evidenze documentate, per quanto riguarda i profili individuali degli studenti emergerebbe un migliore livello di istruzione generale. Anche dal punto di vista dell’impatto sulle comunità ospitanti il bilancio è positivo, sia in termini di ricadute economiche, sia per quanto riguarda l’implementazione del capacity building. Lo scambio di conoscenze e di culture porterebbe, inoltre, ad un ambiente nel complesso più accogliente. Ma non è tutto. La costruzione di legami sociali internazionali tra ospiti e ospitanti contribuirebbe alla creazione di una rete sociale globale molto proficua in termini lavorativi, anche su periodi medio-lunghi. Gli studenti internazionali sarebbero quindi professionisti più competenti, più resilienti e ben inseriti in un network.
Con un 38,5% sulle permanenze totali all’estero, il periodo estivo è quello più gettonato dagli studenti a stelle strisce, mentre il 30,5% sceglie di trascorrere un intero semestre fuori. Gli studenti delle materie STEM sono tra i primi a oltrepassare i confini nazionali per mettersi alla prova in un altro paese totalizzando il 25,8% sul totale; seguono quelli di discipline economiche con il 20,7%. Terzo gradino del podio per gli studenti di scienze sociali, il 17,2% del campione.
La meta preferita dagli studenti internazionali sono gli Stati Uniti che nel 2018 hanno infranto un nuovo record, accogliendo 1.094.792 ragazzi, l’1,5% in più rispetto all’anno precedente. Numeri che, concretamente, si traducono in dollari. Secondo l’U.S. Department of Commerce l’impatto economico di un flusso simile avrebbe infatti portato nelle casse statunitensi ben 42,4 miliardi di dollari nel 2017, tra rette annuali, affitti delle stanze e altre spese. Anche i flussi in uscita dagli USA hanno registrato un considerevole incremento: uno studente su 10 decide di trascorrere all’estero un periodo durante il proprio percorso accademico per un totale di 332 727 partenze, il 2,3% in più rispetto al 2015/2016.
Ma i flussi legati agli study abroad non riguardano solamente gli Stati Uniti. In Europa, la gran parte degli studenti universitari sceglie i programmi Erasmus per progettare un periodo di studio all’estero: solo in Italia sono 38 mila – il 3,5% in più rispetto all’anno accademico 2016/2017 – , un trend destinato a crescere anche nei prossimi anni, grazie ad un budget complessivo che oltrepassa i 76 milioni di euro stanziati dall’Unione Europea per il solo 2018/2019, di cui quasi 16 milioni assegnati all’Italia. In crescita anche la mobilità extra-europea, con la previsione di un numero di scambi sempre maggiori con Asia, Russia e Sud del Mediterraneo.
Solo nel 2018, proprio grazie al programma Erasmus, la penisola ha registrato un numero di studenti in ingresso pari a 26 mila da tutta Europa, a cui aggiungerne più di 1200 extra-UE. L’Italia, inoltre, è al secondo posto tra le destinazioni scelte dagli studenti USA. Tra il 2016 e il 2017 gli studenti statunitensi in partenza sono cresciuti del 2,3% rispetto all’anno accademico precedente, per un totale di 332 727. Di questi, il 12% ha scelto il Regno Unito, al primo posto, mentre il 10,6% è arrivato in Italia, l’1,4% in più dell’anno precedente. Terzo e quarto posto, rispettivamente, per Spagna e Francia. Curioso l’exploit di Cuba, paese che ha registrato il più alto tasso di crescita, pari 21,8%.
L’assenza di barriere linguistiche è uno dei fattori principali che porterebbero i ragazzi americani a prediligere l’Inghilterra, mentre l’Italia sarebbe sul secondo gradino del podio delle destinazioni top per svariate motivazioni: la grande tradizione culturale renderebbe il Belpaese un forte attrattore per gli studenti di discipline umanistiche e artistiche. Anche lo stile di vita, la qualità del cibo e la mitezza climatica sarebbero variabili fondamentali. Completa il quadro l’opportunità per di inserirsi in compartimenti produttivi d’eccellenza tra cui la moda, il design, il food e l’enologia, settori in cui i brand italiani si distinguono in tutto il mondo.
Tra le città italiane, una delle mete più richieste i 35 366 studenti USA che hanno raggiunto lo Stivale, è indubbiamente Firenze, con quasi 15 mila ragazzi in ingresso – vale a dire più della metà – nel 2017/2018. Il capoluogo toscano è uno snodo di alta formazione accademica, con ben 42 scuole internazionali in tutta la città. I percorsi prediletti dagli universitari sono i corsi di lingua e di arte in accademie, iter formativi, come quelli proposti dall’AEF – Accademia Europea di Firenze, un unicum nel settore delle arti performative, che beneficiano dell’immersione in un contesto culturale ricchissimo e in costante fermento, confrontandosi con le opere architettoniche, pittoriche, musicali e letterarie di alcune tra le menti più geniali della storia dell’umanità nella città che le ha ispirate.