Parole chiare


Questa raccolta ragionata di parole cerca di spiegare quali sono i principali temi che l’orientamento affronta e qual è il punto di vista che adotta.
Al centro c’è sempre e comunque il soggetto, le sue motivazioni, i suoi interessi e le metodologie orientative si prefiggono di aiutarlo nelle fasi delicate delle scelte scolastico-formative.

Abilità
Le abilità sono componenti subordinate dell’intelligenza, distinte tra loro ma correlate: rappresentano il costrutto multidimensionale dell’intelligenza stessa. Da distinguere dalle attitudini, potenzialità da sviluppare da parte del soggetto. All’abilità è associata anche la competenza che consiste in conoscenze specifiche complete e ben organizzate; esse sono il risultato della formazione delle abilità. Le abilità sono considerate una struttura gerarchica, formata dal vertice dell’abilità generale (o intelligenza generale) e dalla base delle abilità specifiche. L’abilità generale viene suddivisa in:
• abilità cristallizzata, risultato dell’interazione del soggetto con il suo ambiente formativo, basata sull’apprendimento di vari contenuti in rapporto al patrimonio culturale;
• abilità fluida, si forma prevalentemente nel contesto socioculturale libero e in situazioni occasionali; in essa predomina il processo euristico con un percorso imprevedibile.
Le abilità rappresentano la base della formazione intellettuale dei soggetti per mezzo della quale essi diventano autonomi e liberi. Su di esse si fonda anche la formazione professionale e da esse dipende poi l’esercizio di una specifica attività lavorativa. Le abilità assumono una notevole importanza nell’apprendimento, particolarmente nella loro duplice distinzione di abilità cristallizzate e fluide. Sulle prime viene impostato l’apprendimento del sapere consolidato, mentre sulle seconde quello del sapere ancora poco schematizzato. Esiste un’innegabile superiorità delle donne nelle abilità verbali, mentre gli uomini sono superiori nelle abilità numeriche e spaziali. Le differenze sono rilevanti e influenzano notevolmente le scelte professionali dei giovani concentrando le frequenze in alcuni settori lavorativi: scientifico e tecnico (maschile), sociale e amministrativo (femminile).

Attitudine
Il concetto di attitudine è legato alla “capacità di fare” per cui si dice che uno ha l’attitudine a disegnare per il fatto che sa fare bei disegni. Questo però sembra misurare più un risultato di “profitto” legato ad una situazione presente o passata, spesso di tipo scolastico, mentre l’attitudine si dovrebbe collegare alla previsione di riuscita futura. Inoltre riuscire bene in una materia non significa volere continuare a studiare ancora.
Dunque l’attitudine è un fatto complesso che si collega a tutta la persona ed essere “atto a” vuol dire saper usare tutte le energie individuali (fisiche, intellettuali, affettive) che permettono di raggiungere un buon rendimento nell’esercizio di una particolare attività. Quando all’attitudine si unisce l’esercizio si forma quell’abilità che si definisce come capacità attitudinale e quindi l’attitudine, anche se inizia con una predisposizione naturale, cambia e si migliora con il tempo, la volontà e l’applicazione.

Autonomia decisionale
L’obiettivo principale dell’azione orientativa è di promuovere un processo di maturazione professionale che porti l’individuo a sapersi autogestire nelle sue scelte, cioè saper progettare, decidere e realizzare la scelta dell’attività professionale che, in quel momento o in quella situazione, maggiormente convince. Progettare vuol dire fare dei confronti tra le rappresentazioni di sè (come si è in un determinato momento di sviluppo o di vita) e le rappresentazioni delle realtà professionali che si reputano (più o meno realisticamente) possibili o desiderabili per un inserimento sociale nel mondo del lavoro che sia personalmente soddisfacente. perché una scelta risulti “buona” e quindi soddisfacente occorre:
• la maturità sufficiente per farla; • uno o più progetti; • che si decida per esso (o per uno di esso); • una pianificazione di come attuarlo.
Far acquisire abilità di progettazione diventa un obiettivo educativo di prim’ordine per promuovere la maturazione professionale del giovane.
(don Mario Viglietti, COSPES)

Autostima
Il concetto indica il senso che la persona ha del proprio valore, la sua valutazione della propria adeguatezza in relazione ai feedback dell’ambiente (valutazioni degli altri che danno o meno le conferme significative/necessarie) e alle aspettative circa la propria prestazione; più è alta l’autostima che la persona ha di sé più viene stimata dagli altri e considerata competente; è, quindi, una parte molto importante dell’immagine di sé, del concetto di sé, della propria identità.

Colloquio
Di tutti i mezzi atti alla raccolta di informazioni il colloquio d’orientamento è quello che più di altri consente di ottenere un profilo dettagliato sui bisogni, interessi, aspirazioni del soggetto. Il colloquio d’orientamento, infatti, prevede la raccolta di dati e a differenza degli altri strumenti (test, questionario) consente di pervenire ad informazioni più libere e spontanee sul singolo individuo andando ad un livello più profondo d’indagine.
Lo scopo fondamentale del colloquio di orientamento è quello di comunicare in modo autentico, non valutativo, scambiando informazioni che porteranno a maggior chiarezza sulla decisione da prendere
Per un buon colloquio si possono indicare, sia da parte dell’orientatore che del soggetto da orientare, alcune regole generali:

  • usare un tono di voce chiaro quando si parla;
  • ricordare che i primi minuti spesso decidono l’opinione sull’altro;
  • sforzarsi di vincere l’emozione e controllare i movimenti del corpo indesiderati;
  • dare risposte brevi, ma non rispondere con semplice sì o no;
  • se si ha bisogno di un attimo di pausa prima di rispondere, non preoccuparsi: questo dimostrerà la capacità di pensare;
  • non aver paura di ammettere di non sapere rispondere, ma cercare di ridurre al minimo questi casi;
  • essere più onesti possibile! Se si chiedono pregi e difetti rispondere con sincerità;
  • cercare di essere preparato alle domande inaspettate: lo scopo è verificare la capacità di affrontare le situazioni impreviste;
  • limitare le domande durante il colloquio: far parlare non è un interrogatorio;
  • mostrarsi calmi e tranquilli. Prima di andare via, ringraziare l’interlocutore per aver dedicato il suo tempo. E sorridere.

Competenza
Un termine sempre più spesso utilizzato è quello di competenza.
Si sente poi parlare anche di capacità, conoscenze, attitudini,… è allora utile capire il preciso significato di queste parole. Spesso si tende erroneamente a considerarle sinonimi.
Dare una definizione di competenza non è semplice ma si può dire che la competenza (dal latino competere: essere adatto a, essere capace di) non vuole dire gareggiare con qualcuno per essere vincitore (come fa pensare la parola italiana “competere, competizione”) bensì rappresenta una caratteristica soggettiva e di ciascun individuo collegata con un buon risultato.
Un individuo competente è dunque una persona adatta e capace a fare una certa cosa e ciascuno può essere competente e deve puntare a diventarlo in qualcosa.
Ma capaci si nasce o si diventa? E la risposta è che capaci si nasce e si diventa. La parte di predisposizione naturale, innata rientra nelle capacità mentre la parte di apprendimento, di cultura e di esperienza sono le conoscenze.
Il progetto di orientamento deve coniugare le predisposizioni naturali con gli interessi e l’applicazione a migliorare. Ma se si vuole diventare capaci lo si diventa anche se non vi sono particolari attitudini naturali.
Ad esempio se si ha orecchio musicale si impara facilmente a suonare uno strumento ma se la musica piace si impara lo stesso, solo con un po’ più di fatica e di esercizio.

Comunicazione
Si dice che “è impossibile non comunicare”, perciò ogni volta che si trasmette un messaggio a un altro si effettua una comunicazione: noi siamo il mittente, l’altro è il ricevente, mentre il messaggio viene elaborato in un codice che entrambi conosciamo bene; il codice può essere la lingua, ma anche un alfabeto segreto inventato. Se uno dei due non conosce il codice, non potrà capire il messaggio; problemi vi possono essere a causa del rumore che trasporta il messaggio lungo il canale tra noi e l’altro e il canale può essere l’aria o il filo del telefono.
Ovviamente noi non parliamo solo con le parole: anche la comunicazione non verbale ha un ruolo importante nelle relazioni tra le persone. La comunicazione non verbale si compone di elementi come lo sguardo, le espressioni del volto, i gesti e i movimenti: essi sono molto efficaci nel trasmettere informazioni sui nostri atteggiamenti e sulle nostre emozioni e nel regolare i rapporti tra noi e le persone con cui parliamo.
Molto spesso la comunicazione non verbale si rivela più efficace perché è più automatica e immediata da comprendere: non richiede per esempio lo studio di una lingua, magari straniera, perché è un linguaggio che appartiene a persone molto diverse per cultura e abitudini. Inoltre la comunicazione non verbale è meno semplice da controllare rispetto alla comunicazione verbale, per cui quando non siamo sicuri delle intenzioni di chi ci parla ci affidiamo più alla prima che alla seconda.

Consulenza
La consulenza (o counselling nella terminologia inglese) è un intervento che ha l’obiettivo di aiutare il soggetto a comprendere meglio la situazione che sta affrontando per trovare possibili soluzioni nel rispetto dei propri bisogni e della propria individualità.
La consulenza si caratterizza per un approccio centrato sulla persona e sull’esperienza del soggetto: fornisce infatti all’individuo gli strumenti per conoscere meglio le proprie risorse, non fornisce soluzioni preconfezionate.
In ambito orientativo la consulenza utilizza per lo più il colloquio come strumento di lavoro, per consentire alla persona di poter esprimere, in uno spazio protetto e privato, la propria situazione ed elaborare un progetto scolastico o professionale.
A tale fine, per permettere al soggetto di conoscere appieno le sue potenzialità, attitudini ed interessi, il consulente può utilizzare oltre al colloquio strumenti oggettivi quali questionari, test e schede di autovalutazione.
Il consulente di orientamento è un esperto, che ha ricevuto una formazione specifica, che opera solitamente nella scuola, nei centri di orientamento e nelle agenzie di formazione professionale.

Formazione continua
Si intende per formazione continua l’attività formativa rivolta agli adulti (occupati e non) e ai giovani per l’acquisizione di nuove competenze nel corso della vita lavorativa.
Può essere l’azienda ad occuparsi di organizzare un corso che il lavoratore può frequentare in orario di lavoro oppure il lavoratore stesso può scegliere il corso che più gli interessa e frequentarlo nel tempo libero.

Informazioni
Quale lavoro scegliere? Che percorso di studi intraprendere? Come fare ad avere maggiori informazioni su una certa professione?
Queste sono le domande classiche che ci si pone quando si deve decidere cosa fare nella propria vita. La scelta inerente la professione futura è importante, impegnativa e complessa.
Il modo migliore per scegliere con serenità è sapere dove si vuole arrivare e quindi raccogliere il maggior numero possibile di informazioni per capire come raggiungere tale obiettivo.
Agire senza essere informati può riservare brutte sorprese. Si può scegliere una scuola o un percorso professionale sulla base di opinioni personali, di credenze in merito ad un particolare corso di studi, o sulla base di ciò che sceglie la maggioranza. Operare una scelta frettolosamente e senza un’adeguata fase di raccolta di informazioni può condurre lo studente ad accorgersi di aver sbagliato strada a percorso già iniziato.
Non è difficile reperire informazioni ma bisogna cercarle attivamente senza limitarsi a quelle che già si possiedono, pensando che siano sufficienti. Solo chiedendo e cercando personalmente notizie e indicazioni ed elaborandole sulla base delle proprie attitudini e dei propri interessi si può costruire il proprio progetto scolastico e professionale.

  • Le fonti da cui attingere possono essere le più disparate, tutte utili ma nessuna sufficiente da sola per cui si consiglia di utilizzare tutti i canali informativi:
  • genitori, insegnanti, operatori dell’orientamento, parenti, coetanei, amici più grandi;
  • le guide illustrative delle scuole superiori e dei corsi di formazione professionale;
  • gli articoli dei giornali, gli annunci economici, le pubblicazioni, i libri relativi al mercato del lavoro, le riviste specializzate, gli inserti dei giornali;
  • i programmi televisivi dedicati alla scuola, al lavoro e all’occupazione;
  • le conferenze tenute dai presidi e dagli insegnanti delle scuole superiori o dagli esperti del mercato del lavoro;
  • le visite alle varie scuole e ai centri di formazione professionale;
  • le interviste effettuate durante le visite guidate ad aziende;
  • le segreterie delle scuole, dei corsi di formazione professionale.

Interesse
Cosa faccio volentieri? Cosa mi riesce bene? Come trascorro il mio tempo libero? A scuola quali sono le mie materie preferite? Riflettere e rispondere a tali domande è per l’orientamento il vero punto di partenza.
Il concetto di interesse, in ambito orientativo, fa riferimento alla mobilitazione di energie che l’individuo utilizza in relazione a determinate attività, settori formativi o professionali.
Gli interessi sono fondamentali nella scelta scolastica e professionale e si dice che a volte la loro presenza si rivela più efficace rispetto alle attitudini al fine del successo di quella scelta. Voler fare una cosa è più importante che essere portati a farla.
Nonostante esista uno stretto rapporto tra attitudini e interessi, infatti, è importante rilevare che un’elevata presenza di uno dei due non corrisponde necessariamente alla altrettanto elevata presenza dell’altro.
Un individuo può possedere attitudini sufficienti per ottenere un buon successo in un determinato campo, ma non essere interessato a indirizzare le proprie energie in quella direzione. Allo stesso modo può essere fortemente interessato a perseguire un obiettivo senza però essere in possesso delle abilità che esso richiede.
Esiste quindi un forte rapporto tra interessi e motivazioni. Quando una persona svolge un’attività che gradisce la motivazione viene naturalmente incentivata e, di conseguenza, si impegnerà maggiormente. Inoltre, il soggetto potrà avvalersi di una maggiore capacità di concentrazione e di attenzione, avrà una più forte spinta a superare le difficoltà e sarà più disponibile a imparare.
Un giovane che deve scegliere un percorso scolastico può avere interessi già chiari e definiti ma in molti casi non sa ancora cosa vuole fare. Il rischio è quello di subire condizionamenti da amici o parenti e questo può sembrare molto negativo. È bene riflettere sul peso di questo condizionamento ma, in casi di “eterna” indecisione, una “spinta” esterna può risultare persino positiva, purché vi sia la consapevolezza che si sta affidando agli altri la decisione. L’importante è non cambiare idea, abbandonando una direzione che sembra interessante verso un’altra suggerita dalla preoccupazione di non perdere la compagnia degli amici o dall’impressione che comporti meno fatica.
Capire quali sono i propri interessi risulta quindi fondamentale per fare una scelta consapevole.

Metodo di studio
Il metodo di studio è costituito da un insieme di tecniche e strategie organizzate che servono a rendere un comportamento di studio più produttivo ed efficace.
Per aumentare l’efficacia dello studio bisogna quindi saper studiare applicando un metodo di lavoro appropriato. Se una persona riesce ad imparare a studiare e se riesce a trovare dei motivi suoi per farlo, sarà in grado di apprendere per tutta la vita in modo soddisfacente e gratificante.
In concreto, avere un metodo di studio significa:

  • trovare un buon equilibrio tra lo studio e gli impegni extrascolastici dando la giusta priorità ad ogni attività;
  • saper organizzare il luogo di studio tenendo in ordine appunti, quaderni e tutto il materiale necessario;
  • dotarsi di criteri di memorizzazione: ad esempio sottolineare, farsi degli schemi, farsi dei riassunti, inserire note a margine, utilizzare codici colori differenti, ripetere a voce alta;
  • raccogliere le informazioni e legare le cose che si sanno già ai nuovi contenuti appresi;
  • sapersi concentrare sullo studio e sull’attività scolastica nonostante le possibili fonti di disturbo;
  • dotarsi della determinazione necessaria a superare gli eventuali ostacoli che si potrebbero incontrare durante il percorso scolastico.

In questo senso il metodo è strettamente legato anche all’orientamento, alla vita quotidiana e non solo alla scuola ed allo studio.
Tutti capiscono che sarebbe meglio avere un buon metodo; la difficoltà che porta qualcuno a rinunciare presto è che un metodo funziona solo se si passa dalla teoria alla pratica e per questo ci vuole costanza e pazienza: solo dopo un certo periodo si vedono i risultati.
Fondamentale è anche la motivazione, la “spinta” emotiva che porta i ragazzi ad apprendere. Per molti ragazzi che non sono spontaneamente motivati a imparare cose nuove, lo studio diventa noioso e opprimente. Inoltre, una scarsa motivazione allo studio è spesso alla base di serie difficoltà di apprendimento e di atteggiamenti negativi nei confronti dell’istituzione scolastica. Ecco che una forte motivazione allo studio spinge i ragazzi a portare a termine gli impegni anche se lunghi e noiosi, a concentrarsi per lungo tempo e a mantenere un ritmo di lavoro costante.

Motivazione
La prima cosa che occorre volere per cimentarsi nello studio è la volontà di conoscere. Se questa porta rimane chiusa si rischia di adottare il sistema dello “studiare a memoria” o non studiare affatto; il risultato finale è sempre lo stesso: nessuna comprensione e una tremenda fatica. La motivazione a riuscire in una cosa è fondamentale.
Troppi studenti concepiscono la scuola e lo studio come una “tortura” o un “barba” senza vedere in essa un’opportunità straordinaria. Lo studio viene vissuto come un peso, un lavoro faticoso per il quale si è sottoposti a severi giudizi, non come un’attività libera che ci fa crescere e ci migliora, uno straordinario viaggio per maturare conoscenze nuove sul mondo che ci circonda.
Per riuscire a studiare, dobbiamo “decidere di studiare” cioè, ci deve essere:

  • l’intensità di forze messe in azione: “mi voglio impegnare e voglio riuscire perché studiare è importante ed utile”
  • la persistenza nel tempo della decisione: “è una bella giornata per giocare all’aperto…ma prima faccio i compiti poi esco!”
  • la resistenza di fronte alla fatica e agli ostacoli, agli imprevisti, ad eventuali insuccessi: “non mi scoraggio se ho preso un brutto voto, la prossima volta andrà meglio”, “sbagliare è naturale, io vado a scuola per imparare”.

Studiare significa accendere il nostro cervello, usandolo al meglio.
Studiare è qualcosa che facciamo prima di tutto per la nostra vita, per crescere e diventare liberi e autonomi.

Orientamento
Dal punto di vista semantico “orientare” deriva dal latino oriens che significa oriente, che sorge, in quanto participio presente del verbo orior (sorgere).
Indica la modalità di procedere che permette di trovare la posizione del Nord e, di conseguenza, degli altri punti cardinali in modo che sia possibile stabilire la corretta direzione verso cui muovere.
Tanto l’azione di orientarsi quanto l’azione di orientare rappresentano in realtà due aspetti di uno stesso processo: ogni azione orientativa è infatti finalizzata a sviluppare nell’individuo un insieme di competenze che lo metteranno in grado di “orientarsi”.
Cosa significa il termine “orientamento”? Illuminante, al riguardo, è la “Raccomandazione conclusiva” del Congresso dell’Unesco svoltosi a Bratislava nel 1970: “Orientare significa porre l’individuo in grado di prendere coscienza di sé e di progredire con i suoi studi e la professione, in relazione alle mutevoli esigenze della vita, con il duplice scopo di contribuire al progresso della società e di raggiungere il pieno sviluppo della persona umana”.

Prendere una decisione
La parola decidere deriva dal latino “de-cidere” che significa “tagliare via”. Per decidere si deve effettuare una scelta, selezionare una tra le tante alternative esistenti. Questo è un primo elemento di dubbio e di complessità in quanto a volte il dover rinunciare a qualcosa è altrettanto importante che il raggiungere un traguardo desiderato. Nell’orientamento può capitare di non saper decidere perché pur sapendo cosa interessa, dispiace dover lasciare (tagliare via) un amico o un’altra alternativa di scuola o professionale.
Decidere è sempre difficile ma è necessario. Si consiglia di:

  • Individuare delle alternative di scelta: occorre ricercare nuove alternative, facendo uso della creatività e della flessibilità.
  • Raccogliere delle informazioni:
    – definire caso per caso le informazioni che occorrono;
    – raccoglierle sia a livello formale (circolare, opuscoli, incontri con esperti…) che in modo informale (amici, compagni…)
    – distinguere le informazioni affidabili dalle opinioni.

In ogni caso una decisione troppo frettolosa non consente di acquisire un numero d’informazioni sufficiente, al contrario una decisione troppo lenta può correre il rischio di farci perdere delle opportunità.
Accettare le conseguenze dei rischi possibili per ogni alternativa: quotidianamente ci si trova a prendere decisioni e non si può prevedere con precisione ogni possibile conseguenza.
La presa di decisione non può prescindere dall’incertezza perché è sempre riferita al futuro. Si può solo cercare di ridurre l’incertezza a livello tollerabile e di accettare, con atteggiamento sereno, l’inevitabilità dei rischi.
Valutare i propri interessi: è necessario tener presente che la scelta dell’alternativa è influenzata da un gran numero di fattori soggettivi legati al modo di pensare, ai bisogni e valori, al modo di essere di ciascuno ma è anche molto condizionata dalle opinioni degli altri, delle mode, delle scelte degli amici.
Il fatto d’essere più consapevoli del proprio processo decisionale e di che cosa ci interessa veramente è il modo migliore per essere più efficienti e fare le scelte giuste.

Stili cognitivi
Tutti noi percepiamo, apprendiamo, formuliamo ipotesi e prendiamo decisioni con uno stile particolare, peculiare della nostra personalità, che viene chiamato stile cognitivo, cioè lo stile con il quale “conosciamo”.
Lo stile cognitivo non è la stessa cosa dell’intelligenza perché indica come una persona fa le cose e non come le saprebbe fare, indica come si giunge ad un risultato non quanto è buono il risultato. Per esprimere con quale stile affrontiamo una decisione, lo studio o una azione, si utilizzano delle scale che vanno da una modalità ad un’altra: ad esempio possiamo usare per ricordare le cose sia la memoria visiva sia la memoria uditiva ma una delle due viene sfruttata di più e spontaneamente perché corrisponde ad un nostro modo di essere. Non è giusta o sbagliata quale della due usiamo ma se impariamo ad usarle entrambe diventiamo più efficaci nel memorizzare le cose. Lavorare sui nostri stili cognitivi ci aiuta a conoscerci meglio e ci suggerisce dove possiamo migliorare nel capire i problemi e prendere decisioni.
Nel campo dell’orientamento, se si possiede uno stile globale/intuitivo si tende a scegliere una scuola sulla base di poche informazioni, di cui una decisiva e che piace molto; se si possiede uno stile analitico/riflessivo si cercherà il massimo di informazioni ma anche di sicurezza perché non si vuole sbagliare.
Entrambi questi avvicinamenti hanno dei punti di forza e di debolezza e l’ideale è riuscire a coniugarli: prima si devono cercare le informazioni con precisione e oggettività, poi si decide sulla base di quello che sentiamo giusto, senza stare troppo a sentire i consigli degli altri e accettando dei margini di rischio.

Test e questionari
Si fa molta confusione tra i termini “test” e “questionario” e spesso si tende erroneamente a considerarli sinonimi.
Inoltre spesso si chiamano test domande di cultura e conoscenza che sono invece dei quiz (esempio: per la patente si fanno dei quiz non dei test).
Fondamentalmente invece i test non misurano quello che uno sa già ma quanto potrebbe imparare.
I test ed i questionari sono strumenti che lo psicologo utilizza per conoscere meglio la persona che deve analizzare ed entrambi devono essere interpretati.
Si definiscono test quelle prove, anche molto diverse tra loro, a cui il soggetto viene sottoposto al fine di prevedere il suo comportamento di fronte a problemi simili nella vita reale. I test implicano risposte giuste o sbagliate e devono essere svolti in un tempo prestabilito; possono comprendere quesiti con risposte a scelta multipla, oppure tra due sole alternative (si o no, vero o falso) o ancora risposte a completamento (esempio: “prosegui la seguente serie numerica: 2 4 6 …”). I test nell’orientamento servono a misurare le attitudini per consigliare un percorso di studio o lavoro più adatto.
Il questionario invece è composto da una serie di domande che servono a raccogliere informazioni sulla personalità, gli atteggiamenti e le opinioni di chi risponde. I questionari non prevedono risposte giuste o sbagliate e non devono essere completati in un tempo prestabilito; possono essere composti da domande aperte o da domande chiuse in cui è necessario effettuare una scelta tra un certo numero di alternative offerte. Nell’orientamento i questionari servono per conoscere, ad esempio, gli interessi e la personalità.